Con la sentenza n. 39/2021 depositata il 16 marzo, la Corte Costituzionale, sollecitata dalla CTP di Bologna, si è nuovamente pronunciata (si spera per l’ultima volta) sull’art. 20 del Testo Unico sull’Imposta di Registro. Una vicenda che i nostri avvocati Michele Maranò e Carla Sgobba hanno monitorato lungo tutto il suo iter.
La Consulta conferma la legittimità costituzionale del vigente art. 20 sottolineando che l’applicazione retroattiva di tale norma (enunciata nell’art. 1, comma 1084, della Legge di Bilancio 2019) è in linea con l’intento del legislatore di ricondurlo “all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione (…) risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione”.
La previsione della retroattività non priverebbe l’erario dei diritti già acquisiti, come ipotizzato dai giudici bolognesi che hanno invocato la violazione dell’art. 81 della Costituzione, in quanto la riqualificazione in termini sostanziali delle operazioni economiche (di cui l’Amministrazione finanziaria sarebbe stata privata) continua ad essere esercitabile secondo la disciplina dell’abuso del diritto (ex art. 10 bis dello Statuto dei Diritti del Contribuente).